lunedì 30 giugno 2008
MEDIO EVO a PARRANO
Dal 1 al 13 Luglio il Medio Evo alla Bottega del Bulgarello a Parrano. L'iniziativa è stata organizzata dall'Associazione l'UPUPA che da anni lavora per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico ed ambientale di Parrano. Nell'esposizione troverete armature, scudi, spade, balestre, mazze, cinture di castità. Il meglio della produzione dell'azienda Medio Evo di Gubbio che ha collaborato con molti registi per film ambientati nel medio evo o di fantascienza. Il piu' importante Il Signore degli Anelli. Si tratta di molte di iniziative che culmineranno a fine settimana Venerdi 11Luglio con un dibattito sull'esperienza dell'Albergo Diffuso di Levanto con Stefano Cimicchi amm. unico APT Umbria, Sabato con una serata musicale e Domenica mattina con una passeggiata ecologica e ripulitura del ciglio stradale della provinciale Parrano -Fosso del Bagno.
Domenica sera grande cena al Parco Comunale con Trattenimenti Musicale del Gruppo Blue Marine. Per Info tel al 334 3751330
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martedì 17 giugno 2008
Parte ad Orvieto ZipFEST : intervista di Rossella Fiumi a OrvietoNews
da www.orvietonews.it
A pochi giorni dall'apertura di ZIPfest08, il festival internazionale della Contact Improvisation che da ormai nove anni si svolge a Orvieto, abbiamo intervistato Rossella Fiumi, che si occupa della direzione artistica del festival e ne è l'ideatrice.
Buongiorno Rossella. Questa intervista/conversazione nasce da alcuni interrogativi e curiosità suscitate in me dalla conferenza stampa di alcuni giorni fa. Mi è sembrato interessante lasciar parlare direttamente, su alcuni aspetti, lei che le ha stimolate. Lei ha affermato di essere nata come ballerina classica, quindi rispettosa di un preciso codice, molto distante dalla Contact Improvisation. Quale è stata dunque la sua evoluzione e da cosa è stato determinato l'avvicinamento alla Contact?
Forse l'idea dell'improvvisazione e del contatto era qualcosa che stava dentro di me fin dai tempi che studiavo e perfezionavo la danza classica presso l'Accademia Nazionale di danza di Roma, quando cercavo un contatto, un sorriso, uno sguardo, in un ambiente algido, formale e austero. Un'atmosfera dove non era molto concesso esprimere con franchezza un'emozione, o far trapelare una goccia di sudore, o poter emanare il disagio e la paura di fare errori… noi studenti del corso di perfezionamento dell'Accademia eravamo stati indottrinati alla perfezione, al perfettismo. Ho capito, in seguito, che tutto quello aveva sì un suo fascino e una sua utilità, ma allo stesso tempo mi allontanava dalla mia idea di creazione, di arte e di contemporaneità. Una volta diplomata in tecnica Vaganova (balletto classico), all'età di 19 anni ho iniziato a viaggiare attraverso l'Europa, ho potuto confrontarmi con altri mondi, altri idiomi e usanze, nella vita così come nella danza. Ho potuto perfezionarmi, poi studiare e scoprire altre tecniche, e man mano mi sono avvicinata a vari linguaggi della danza contemporanea, come ad esempio alla Release Technique, al Buto, alla Contact Improvisation, perché ho avuto la fortuna di incontrare maestri e danzatori interessanti, che mi hanno aperto la via della conoscenza con altre forme d'espressione.
Lei afferma di non essere ancorata alla reiterazione e che un suo maestro giapponese le ha insegnato a disporsi, ogni giorno, con lo stesso atteggiamento vergine di un foglio bianco. E' un concetto affascinante, che ha molto a che fare con l'arte, ma anche con una sana e aperta disposizione verso la vita. Vuole approfondire questo aspetto?
Volentieri. Nell'arte in genere, e nelle discipline del corpo, la ripetizione è necessaria, aiuta a capire, a crescere, a fornire certezze, così come avviene nella comune costruzione pedagogica di ogni essere umano: "repetita iuvant", dicevano i latini… Però quando ho avuto a che fare con l'ignoto, con il rischio di penetrare argomenti a me poco consueti, sono entrata, a poco a poco, nella direzione di dover accettare e accogliere anche ciò che non capivo, che non avevo mai studiato prima, o cose e tematiche delle quali non avevo ancora fatto esperienza. Si dice che c'è sempre una prima volta nella vita… Masaki Iwana, artista giapponese di danza Buto (una forma di teatro-danza nata in Giappone quale risposta di denuncia e di rottura dopo la bomba di Hiroshima, diffusa poi nel mondo intero da gruppi di artisti giapponesi emergenti), che è stato per me un maestro e una guida, mi ha introdotto nel mondo orientale, non solo come stile di danza, ma anche come forma di pensiero attivo, in movimento. Ho potuto così approfondire, anche nella vita, la possibilità di rendermi disponibile agli eventi che accadono con un atteggiamento aperto, fresco, nuovo… forse sembrerà un'ingenuità, ma quanto è interessante non adagiarsi sul conosciuto, e tentare di ri-scoprire ciò che già conosciamo con sguardo diverso e stimolante ogni giorno.
Questo stile di pensiero e di vita ci potrebbe aiutare nel quotidiano ad interagire con gli altri, nel lavoro anche il più monotono, con un proprio partner ad esempio o con le cose che dobbiamo in qualche modo ripetere ogni giorno, senza mai volersi abituare al "già visto" o al "già vissuto". Nella danza la predisposizione a scoprire di nuovo il gesto, o il movimento fatto e provato per giorni, mesi e anni, comunica al pubblico, oltre che a se stessi, una freschezza, una spontaneità, che è la maniera migliore per comporre in tempo reale. Avere occhi al microscopio, diceva Masaki, potrebbe essere l'attitudine aperta della nostra mente, per osservare i dettagli della vita.
Una delle installazioni ricorrenti di Zipfest08, direttamente condotta da lei, si chiama "I'm All Ears"... Sono tutta orecchi... L'orecchio, l'ascolto, sono il primo presupposto di ogni forma di comunicazione. E' così anche nella danza? E che ne pensa dell'ascolto nel mondo contemporaneo?
Certo nella danza e nell'arte, così come nella vita, se non c'è l'ascolto, la comunicazione diventa difficile, impossibile! Veramente anche il mondo dell'arte può essere cieco e sordo: quanti artisti o artistoidi si tra-vestono di sensibilità, di figure cosiddette alternative, aperte, spontanee… poi magari "scartando" quella veste ci si accorge che sotto c'è solo tanta finzione e apparenza. Nel mondo contemporaneo la coscienza di quello che si fa è alla base della creazione, dell'opera, c'è bisogno di porsi le domande, tante domande. Magari poi non si riesce a fornire altrettante risposte, ma l'interrogarsi serve innanzi tutto per dare quello spessore di senso e di segno assolutamente necessario all'autore, che contraddistingue inoltre il contemporaneo da colui che invece accetta quello che gli arriva per averlo studiato, o già visto, o immaginato. Spero di riuscire a rendere l'idea di quello che intendo dire.
Mi sembra proprio di sì, che riesca a rendere benissimo l'idea, e anche l'eterno compenetrarsi di tradizione e rinnovamento. Parliamo ora dell'Italia nel mondo attuale della danza. Mi è sembrato di capire che siamo davvero molto marginali e molto poco "attrezzati" rispetto alla contemporaneità e all'internazionalizzazione, campi nei quali lei è tra i pochi che sperimentano. Da cosa dipende questa nostra assenza?
L'Italia è un paese conservatore, la contemporaneità in genere, e non solo nella danza, non ha un grande seguito da noi, e ahimè lo so che non va bene lamentarsi del nostro sistema politico-sociale, che era meglio negli anni '70 quando avevamo cominciato a mettere in pratica una crescita culturale e intellettuale, quando a quei tempi se non altro c'era la rinascita economica e con essa la curiosità della ricerca, del rischio, in tanti settori. Oggi ci sono troppi problemi concreti da risolvere, e troppi protagonisti della cronaca quotidiana da emulare, così che la danza è immaginata come un'arte che "non serve". E' qualcosa in più, o al massimo è per pochi eletti, da seguire per far fare "ginnastica" ai propri figli e vederli più o meno muoversi e ballare bene o male sul primo palcoscenico utile della prima scuola di danza. Quella dietro casa, la più vicina e semplice da raggiungere, non solo geograficamente, ma anche perché poco impegnativa, facile e magari consumistica, così come è nell'immaginario collettivo. Oppure da scuola di ballo aulica al seguito di Luigi XV, per aristocratici (vedi Carla Fracci e\o la pubblicità della saponetta Palmolive ) o ancora per addetti ai lavori. Inoltre, finché le nostre reti televisive continueranno a propinarci dei cattivi "Amici", - e si sa che le cattive amicizie portano sulle brutte strade… - continuando a dare cattivi esempi, dei modelli secondo me assolutamente da non seguire, come si può sperare che qualcosa cambi?
Tanta ignoranza. La danza contemporanea poi risulta ancora poco comprensibile, troppo intellettuale… inoltre è sempre assente dai cartelloni teatrali italiani. Per esempio, la nostra stagione teatrale al Mancinelli non prevede spettacoli di danza contemporanea, e incontri con i coreografi, con gli autori. Un sistema direttivo del Teatro che non rischia una stagione più vicina alla contemporaneità, e così non si favorisce la crescita e la formazione del pubblico, la consapevolezza che questa forma di spettacolo esiste, e può essere divertente, fresca, drammatica, leggera o impegnativa, così come uno spettacolo di prosa, o un film. In fondo la riuscita o meno di un film dipende dalla storia e dal regista. Nello spettacolo di danza contemporanea è la stessa cosa, ma siamo ancora lontani… lo dico da 20 anni. C'è tanto pregiudizio.
Una domanda più locale, infine, sempre che abbia voglia di rispondere. Perché ha chiuso la sua scuola di danza? E soprattutto, le sue alunne e i suoi alunni. Ce ne sono ad essersi affermati/e o sono rimasti/e con le ali più o meno tarpate da quello che sembrerebbe il nostro "provincialismo" italiano?
La risposta a questa domanda l'ho in parte anticipata nella risposta precedente. Appunto, c'è chi si trova a proprio agio restando nel provincialismo italiano, e nel consumismo, nel facile a tutti i costi… Io la scuola di danza l'ho aperta a Orvieto quando avevo solo 20 anni! Dopo circa 25 anni di attività non penso di aver "chiuso", semmai di aver trasformato e anzi identificato con maggior responsabilità il mio impegno di intellettuale del settore. In fondo anche prima, cioè quando ancora c'era la scuola di danza attiva, io mi dividevo in miei molti ruoli: insegnante, direttrice, coreografa, danzatrice. Nel tempo ho sviluppato una mia idea del rinnovamento, del cambiamento, della consapevolezza e del "giocare" con tutti questi strumenti insieme. La mia natura contemporanea si è affermata negli anni, si dice che la maturità di una persona porta a conoscersi meglio. Penso di aver fatto molto per la città, ho realizzato tanti progetti culturali e formato diversi danzatori, e non solo orvietani, che ora sono a loro volta maestri e alcuni di loro anche coreografi delle ultime tendenze, oltre che danzatori, hanno potuto intraprendere la professione. Se poi alcuni di loro hanno scelto di restare "provinciali", questo io non posso saperlo, ognuno ha la propria natura, e la rispetto.
E le sue ali, invece? Cosa le è costato, ma anche cosa le ha dato, penso, volare così in alto pur volendo restare, in qualche modo, ancorata a Orvieto e al suo stupendo Caravajal di Via Malabranca 15? La sua scelta ha qualcosa a che fare con l'intrigante iscrizione del suo palazzo?... Caravajal para comodidad de sus amigos...
Sì, sembra proprio che l'iscrizione sul portone del Caravajal si perpetui attraverso la mia attività di residenza culturale. Tutto ha un prezzo, ogni scelta comporta una rinuncia al non scelto, e così gli anni delle riflessioni impegnative e delle rinunce importanti sono trascorsi; però devo dire che ho potuto lavorare, creare e abitare per alcune stagioni della mia vita anche all'estero, sono riuscita a condividere i miei vari ruoli intrapresi a Orvieto, ed essere qui e là, con fatica certamente, ma senza troppe rinunce. Così sono stata a Orvieto e a Roma, ma anche tanto a Berlino, ad Amsterdam, a San Pietroburgo, a Varsavia, a Brasilia e a Città del Messico, a Londra, a New York, a Lisbona e in tantissimi altri posti... Di voli (in aereo) ne ho fatti tanti, ma il primo "volo", il più importante per il mio debutto nella carriera di coreografa l'ho fatto nel 1988… Forse poche persone di Orvieto si ricordano il mio primo spettacolo, che mi ha portato insieme alla Compagnia di danza da me diretta per 19 anni in giro per il mondo, in oltre 100 palcoscenici; quello spettacolo che debuttò al Todi Festival si intitolava appunto "Istruzioni di Volo"… vedi a volte il destino!
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mercoledì 4 giugno 2008
Letture e musica per la presentazione dell'antologia poetica “Il filo di Eloisa - Antologia di ammirazione femminile”
Orvieto, Palazzo dei Sette, sabato 7 giugno alle ore 17,00
Avverrà a Orvieto, sabato 7 giugno alle ore 17,00 nella Sala del Governatore di Palazzo dei Sette, la prima presentazione ufficiale dell'antologia poetica “Il filo di Eloisa - Antologia di ammirazione femminile”, realizzata dall'Associazione culturale Eloisa Manciati, in collaborazione con la casa editrice Lietocolle, a seguito del Bando di Concorso nazionale per giovani donne “Tracce di pensiero femminile nella nostra vita: scrittrici-maestre, un tributo alla loro eredità senza testamento”, diffuso dall'associazione orvietana, nel primo anno di attività, in ottemperanza a uno dei punti del proprio statuto.
La giuria del Concorso, presieduta dalla nota poeta umbra Anna Maria Farabbi, ha selezionato, per la realizzazione del volume, i componimenti di 25 autrici rappresentative di tutta Italia; è stato inoltre inserito il lavoro elaborato, secondo le linee del Concorso, dalle alunne della Classe 2L1 del Liceo Scientifico “Ettore Majorana” di Orvieto.
All'iniziativa di sabato 7 giugno saranno presenti molte delle autrici selezionate, chiamate a leggere i loro testi, Anna Maria Farabbi e l'editore della Lietocolle, Michelangelo Camelliti. Altre letture, a cura de “Il filo di Eloisa”, proporranno stralci delle scrittrici maestre di riferimento. Intermezzi musicali al violoncello saranno eseguiti da Viola Mattioni.
Oltre ai testi delle autrici e ai loro riferimenti alle autorevoli maestre, tra cui figurano importanti cult della cultura femminile internazionale, ma anche piacevoli e impreviste sorprese, l'Antologia si compone di due introduzioni a cura de “Il filo di Eloisa” e di Anna Maria Farabbi, di una foto e di una breve, intensa biografia di Eloisa Manciati.
Il volume è in catalogo nei raffinati tipi della collana Erato delle edizioni Lietocolle. Già reperibile nelle librerie orvietane sarà distribuito, con i consueti canali dell’editore, sul territorio nazionale. Una bella soddisfazione per l’associazione fondata per ricordare l’indefesso lavoro culturale di Eloisa Manciati, che porterà il suo nome, e quello della città a cui ha dedicato la sua passione divulgativa e di conoscenza, ben oltre le mura cittadine.
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